Sono ormai quasi sette anni che abito a Palermo e questa splendida città continua sempre a sorprendermi e ad affascinarmi: monumenti architettonici, innumerevoli opere d’arte, affreschi, chiese e piazze fanno di questa città un vero e proprio capolavoro.
Grazie a “Le Vie dei tesori”, iniziativa dell’Università di Palermo, ho potuto ammirare la Cappella dei Falegnami, un tripudio di stucchi riconducibili a Giuseppe Serpotta, fratello del più noto Giacomo, il “principale artista dello stucco in Europa” così come definito da Donald Garstang, studioso inglese.
Se si visitano le numerose chiese e gli oratori della città in cui Giacomo Serpotta ha operato non si può che restare estasiati ed affascinati dagli splendidi stucchi dell’artista. I suoi rilievi si diramano sulle pareti con squisita raffinatezza, rappresentando figure femminili con costumi d’epoca e delicati puttini alati dalle sembianze di bimbi realmente vissuti.
Giacomo Serpotta, figlio d’arte, nacque a Palermo nel quartiere Kalsa nella metà del ‘600. Il padre, Gaspare, era uno scultore tanto importante da realizzare le statue della Maddalena e dell’Addolorata, conservate proprio nella Cattedrale della città.
Peculiarità di Giacomo Serpotta sta nell’amalgamare alla tradizione popolare l’arte barocca romana, da cui trasse ispirazione grazie ad un suo soggiorno a Roma durante il quale conobbe e frequentò artisti come Bernini. Grazie a Giacomo Serpotta, gli stucchi cessano di essere semplici simboli di fregio per diventare decoro principale soprattutto grazie alla lucentezza che li rende simili al più costoso marmo. Il suo segreto fu quello di aggiungere polvere di marmo alla calce e al gesso in modo da conferire un’insolita lucentezza alle sue sculture.
Una curiosità relativa all’artista Giacomo Serpotta sta nella firma che apportava ai sui rilievi. Egli, infatti, traendo inspirazione dal proprio nome e cognome usava firmarsi rappresentando una piccola lucertola (dal dialetto: “serpuzza“) o una conchiglia (simbolo di S. Giacomo).
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