Attuale e di tendenza, piccolo o grande, tribale o fantasioso, colorato e non, il tatuaggio, in realtà, ha origini radicate nella cultura di popoli antichi.
Nelle società tribali erano i re e i nobili ed in genere, i ricchi che si tatuavano, ed i tatuatori erano trattati con grande rispetto e ricompensati generosamente per la loro opera.
Le prime prove, concrete dell'esistenza del tatuaggio sono state riscontrate nelle mummie rintracciate in alcune parti del mondo, dalla Nubia al Perù ma in particolare, sulla mummia Otzi di un uomo dell'Età del Bronzo databile intorno al 3300 a.C., il tatuaggio potrebbe essere stato realizzato anche per scopi terapeutici.
Forma di decorazione del corpo realizzata in modo permanente sia inserendo pigmenti colorati sotto pelle sia provocando rilievi cicatriziali, il tatuaggio ha avuto significati e motivazioni diverse, presso le varie popolazioni anche se denominatore comune è sempre stato il fatto che esso era “messaggio sociale”.
Gli egizi, durante le cerimonie funebri, si tatuavano in segno di lutto gli emblemi di Iside e Osiride. Mentre, nelle culture della Polinesia tale tecnica è molto diffusa e rappresenta un segno visibile della gerarchia sociale per distinguere i capi dalla gente comune, gli uomini liberi dagli schiavi.
Nella società maori, il tatuaggio viene utilizzato per simbolizzare una stratificazione sociale e per iscrivere nella carne il valore profondo della tradizione: più elevato è il rango, più accurate sono le decorazioni sul corpo.
In Europa, invece, il tatuaggio inizialmente, è stato legato ad ambienti malfamati ed alle prigioni fino a subire più tardi un vero e proprio cambiamento di rotta divenendo negli ultimi 20 anni una moda.
In Italia pare che dalle ultime stime siano più di 2 milioni le persone tatuate.
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